Conosci la fiaba di Biancaneve? Sono sicura di sì. A un certo punto della fiaba, la Regina Ravenna, incerta e con pochissima consapevolezza di sé, chiede allo Specchio Magico chi è la più bella del reame. E lo Specchio risponde «Mia Regina, in questo giorno ha raggiunto la maggior età una fanciulla più bella persino di te. È lei la ragione per la quale svaniscono i tuoi poteri» Stizzita Ravenna domanda chi può essere così sfrontata da fare ombra alla sua bellezza, e lo specchio rivela il nome di Biancaneve.
Ravenna attribuisce dunque a Biancaneve la sua rovina e dichiara che avrebbe fatto meglio ad ucciderla quando era una fanciulla. Lo Specchio Magico la mette in guardia dicendole che l’innocenza e la purezza di Biancaneve potrebbero diventare la sua distruzione o la salvezza. «Prendi il suo cuore con la tua mano e non dovrai più consumare giovani vite. Mai più sarai debole o vecchia» E in questa affermazione dello Specchio Magico, Ravenna vede la sua immortalità e procede con la vendetta.
Che cosa bramava la Regina con una consapevolezza così bassa da farle perdere il lume della ragione? Cosa urlava di desiderio? Ricchezze, sapere, la morte della bellezza di qualcuno a vantaggio della sua?
Bramava consenso per una donna sola e frustrata piena di paura per la perdita del suo potere che crede essere un’esclusiva della bellezza. Non si ferma davanti a niente pur di ottenere ciò che crede possa gonfiare la stima di sé, una sindrome più o meno espansa di ciò che proviamo in alcuni momenti della vita.
Chiedere conferma al mondo rispetto alla nostra immagine è sempre una richiesta di aiuto o di amore che nasce da un vuoto che non riusciamo a colmare e del quale spesso manchiamo di consapevolezza. Lo sguardo che rivolgiamo allo specchio è per denigrare quegli aspetti disallineati con lo standard offerto dal mercato, piuttosto che puntare sulla bellezza di ciò che siamo, esattamente come siamo. Lo specchio può diventare uno strumento di conoscenza se portiamo l’immagine riflessa più in profondità. Ogni giudizio espresso è un pezzo del puzzle che compone il quadro di ciò che crediamo di essere, e mostra che problema e soluzioni stanno nello stesso posto.
Il disagio è il problema e il disagio è la soluzione, il punto di partenza per vedere un’immagine riflessa che possiamo cominciare ad accettare
Quando ciò che vediamo con gli occhi fisici non ci rispecchia, tentiamo di trovare dei sostituti al calore che ci manca. Pasticciamo col cibo, dormiamo poco, passiamo il tempo a confonderci facendo finta di niente, ci uniamo agli altri e raccontiamo di quanto siamo infelici e incompresi. Attività di questo tipo possono dare un sollievo temporaneo, ma alla fine il vuoto che sentiamo sarà sempre più forte, al femminile così come al maschile.
Di fronte allo specchio a volte non amiamo l’immagine riflessa e iniziamo così promesse che non manterremo. E sai perché? Per mantenere una promessa dobbiamo prima di tutto amare quell’immagine che vediamo riflessa,così com’è. È il giudizio di imperfezione la nostra più grande opportunità, la vera risorsa che ci conduce verso la consapevolezza di noi stessi.
Possiamo partire da lì andando oltre la durezza del giudizio e dire a quell’immagine che la riconosciamo e che abbiamo voglia di volerle bene. Lo specchio è un compagno fedele di un viaggio che possiamo compiere giorno dopo giorno. Lui non mente mai perché la sua voce è la nostra stessa voce.
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