Ci dobbiamo abituare alla responsabilità, altrimenti quello che è successo non avrà avuto senso. Ora sembra ci sia una parvenza di ritorno a respirare e possiamo ripartire da qui: siamo autori e attori delle nostre storie personali e collettive, e prima lo capiamo prima ne usciremo felici.
Scrivo spesso articoli che hanno come argomento la responsabilità, che è perfetta unione tra corpo e mente e che rappresenta l’esatto opposto della separazione. La dobbiamo inserire nella vita quotidiana come massima espressione di libertà, e lo possiamo fare sviluppando «un’abitudine alla responsabilità» che ci aiuti a non perdere mai di vista il nostro potere di scegliere e decidere dove dirigere la nostra attenzione.
Prendo come esempio le sette abitudini che trovo nel libro di Covey «I sette pilastri del successo» e si basano sulla disponibilità a guardare il mondo con occhi nuovi e ad avere il coraggio di prendere la vita sul serio. Nel libro viene messa in evidenza l’inutilità di attribuire la responsabilità dei nostri guai all’economia, al datore di lavoro o alla famiglia d’origine.
Se vogliamo raggiungere l’appagamento dobbiamo prendere possesso del nostro potere personale, che consiste nello scegliere e decidere per che cosa ci saremmo assunti la responsabilità e chi mettere nel nostro cerchio di interesse
Influenziamo la nostra vita sempre, che sia a vantaggio della felicità o della sofferenza. Se mettiamo separazione tra ciò che pensiamo e le nostre azioni, sicuramente non arriveremo mai neppure a comprendere il concetto di responsabilità: figuriamoci agirlo! Ma se per contro ci concediamo di darci una piccola disponibilità a guardare la vita in un altro modo, ecco che le cose cominciano a cambiare, e ci sentiamo più potenti, più forti. Quali sono questi sette passaggi che ci aiutano a sviluppare nuove abitudini? Ve li elenco qui sotto.
Il primo ci chiede di allenarci alla «proattività». Siamo sempre liberi di scegliere le nostre reazioni agli eventi. Questa capacità ci accompagna nella comprensione che non occorre vivere secondo il copione stabilito dalla nostra famiglia o dalla società. Anziché lasciarci vivere accettiamo la piena responsabilità della nostra esistenza e seguiamo il modo che la coscienza ci indica. Non siamo macchine che seguono automatismi prestabiliti, ma persone proattive in grado di scegliere e decidere cosa fare della loro vita.
La seconda abitudine ci invita a guardare alla fine della vita e partire da lì per scrivere la nostra storia personale. Per cosa vogliamo essere ricordati? Scrivendo il nostro elogio o mettendo a punto una dichiarazione personale di missione, prima di tutto creiamo l’obiettivo o la persona finale che vogliamo essere, e da lì risaliamo a ritroso. Disponiamo di un sistema di autoguida che ci conferisce la saggezza necessaria per compiere la scelta giusta, affinché qualsiasi cosa facciamo oggi sia in linea con l’immagine creata di noi stessi alla fine.
La terza abitudine è mettere al primo posto le cose più importanti. Questa abitudine sviluppa la lungimiranza della seconda abitudine. Avendo chiara l’immagine finale, possiamo pianificare le giornate per trarne la massima efficacia e il massimo godimento. In questo modo il nostro tempo viene speso con le persone e per le cose che contano davvero.
La quarta abitudine è il trionfo dell’unione sulla separazione e ci invita a pensare in termini di vittoria-vittoria: se vinco io vinci anche tu! Non occorre che il successo personale sia a scapito altrui. Quando ci sintonizziamo su vittoria-vittoria non mettiamo mai in pericolo i nostri principi e il risultato è la creazione di una relazione migliore. Non è migliore «il tuo modo o il mio modo». Dal tuo e dal mio può nascere una visione che ci fa guardare le situazioni da un’altezza che abbiamo raggiunto insieme.
L’empatia è la quinta abitudine da sviluppare. Comprendere l’altro affinché possiamo farci comprendere. Senza empatia non c’è lo sviluppo della fiducia. L’ascolto a trecentosessanta gradi è come una boccata d’aria per noi e per gli altri, che apre una finestra sull’anima.
La sesta abitudine è la sinergia che si manifesta quando mettiamo in pratica tutte le abitudini precedenti. Nasce così una sorta di abitudine alla felicità le cui fondamenta poggiamo inevitabilmente su scelte e decisioni che sono state ponderate. Qui si sviluppa il vero spirito di servizio determinato non dalla separazione ma dal riconoscimento e messa in pratica del potere personale.
Siamo esseri che, quando hanno sviluppato un’abitudine, tendono a dimenticare. Infatti l’ultima abitudine è quella di tenere in armonia la dimensione fisica, mentale, spirituale e sociale dell’esistenza, che significa dedicare regolarmente del tempo per rinfrescare le abitudini precedenti, mettendo da parte la separazione e in rilievo l’unione.
Adesso sai come puoi fare per rendere la tua vita più felice. Le scuse non servono più a questo punto, eppure sono certa che ne troverai di nuove e adatte allo scopo se vorrai mantenere intatto quel senso di liberazione che dà gettare la colpa sugli altri. Be’, è la strada più conosciuta. L’altra, quella della responsabilità, è meno trafficata e a volte potresti rimanere solo per un po’.
Come sempre, quale sceglierai di percorrere ti darà il risultato perfettamente aderente alla tua scelta. Sei potente oltre ogni misura, ricordalo sempre!
La tua Spiritualcoach®
Se ti sei perso qualche articolo puoi recuperali qui ► Istruzioni di Felicità
Se vuoi rimanere aggiornato sulle attività di SpiritualCoach® puoi andare qui ► Eventi in programma
–Foto di Foto di Ravi Kumar su Unsplash
">Ravi Kumar su Unsplash–