«È la prima volta che provo un'emozione del genere. Non so cosa sia successo: ho avuto paura di perderlo!»
Penso che sia bellissima questa emozione per una come lei, abituata ad andare e venire come le pare. Era anche abituata a trattare gli uomini, e anche le donne, senza preoccuparsi troppo dei loro stati d'animo, fino a quando non ha conosciuto Andrea (nome di fantasia).
E la sua vita ha preso una piega differente.
È determinata, forte, abituata a scalare la vita. Sembra non avere bisogno di niente e di nessuno: tutto ciò che decide di avere, lo pretende e fa di tutto affinché sia suo. Così è anche con le persone. Fino a quel momento.
«E da dove arriva questa paura di perderlo?» le domando mentre dentro di me sorrido. Per la prima volta pensa in termini di «noi» e non tu ed io, come spesso accade alla maggior parte di noi quando ci accompagniamo con qualcuno.
Risponde che non lo sa ed è assolutamente intenzionata a scoprirlo. Oramai sa come funzionano le walking coaching.
E cosa scopre? Che anche nel suo caso il «noi» non ha nulla a che vedere con la manipolazione e la perdita della libertà. Perché quello era il nodo da sciogliere: aveva timore di rimanere incastrata in una relazione.
Ora sa che "noi" prevede il riconoscere che ci sono priorità differenti, un batticuore differente e un rispetto dei rispettivi stati d'animo.
Passare dal "tu ed io" al "noi" significa andare oltre l'esperienza del tira e molla dell'innamoramento, che contiene nella sua intimità il tenerci sospesi tra il desiderio di provare certe emozioni, e la tentazione di sfuggirle.
L'innamoramento è il contesto in cui mettiamo in moto il gioco dei bisogni e delle carenze: affetto, riconoscimento, coccole, nutrimento, rimproveri e accettazioni.
Quando siamo innamorati, speriamo di ricevere da altri quello che crediamo di non poterci concedere in maniera autonoma.
Abbandoniamo lo specchio dove potevamo guardare il nostro viso e il nostro modo di essere, per incontrare quello di un'altra persona, insieme a suoi stati d'animo.
Sostituiamo le nostre regole con quelle dell'altro, nella speranza di avere in cambio di un po 'di approvazione e qualche ricompensa.
D'altronde, siamo stracarichi di surrogati dell'amore. Ci basta guardare un film romantico dove troviamo tutti gli elementi della vita reale: il batticuore, la dipendenza, la rabbia, la gelosia, la paura della perdita, e a volte l'abbandono anziché il "vissero felici e contenti".
Nella vita reale spesso crediamo che questo sia tutto ciò che ci possiamo aspettare. E la vita, sempre attenta a esaudire la nostra volontà, cosa risponde? E così sia.
Quanto può durare una relazione costruita su questi stati d'animo? Prima o poi vacillerà: in un modo o nell'altro ci ritroveremo a mettere in discussione ogni cosa.
A quel punto molti lasciano, vengono lasciati o peggio ancora resano, pagando prezzi altissimi. È evidente che manca un elemento fondamentale: l'amore che per definizione è felicità.
Quali sono le caratteristiche di un amore felice? Prima di tutto poggia su basi differenti, costruite attraverso la scelta e la decisione di «essere» anziché «fare per avere»
Nelle relazioni in generale, impariamo ad amare accettando le differenze altrui e riconoscendole come ricchezze, a prescindere dalla cornice o dal particolare momento della vita in cui troviamo.
Sostituiamo la parola "difetti" con "caratteristiche". Illuminiamo le zone d'ombra, le portiamo alla luce per poterle guardare con attenzione e scegliere diversamente.
E soprattutto riconosciamo che gli altri sono come specchi nei quali poter riconoscere parti di noi che avevamo dimenticato.
La relazione a quel punto non è più una sfida o una competizione, ma un divenire di opportunità quotidiane da valutare insieme.
Dalle delusioni - di qualunque natura esse siano - si esce in due modi:
Accettandole rendendo l'amore più solido, profondo, e prendendosi il tempo per trasformare incomprensioni ed errori
Negandole per cercare un'altra persona con la quale ricominciare il gioco
La ragazza della storia che ti ho raccontato ha deciso di accettare la delusione e la paura, e insieme abbiamo trovato un modo per guardarla diversamente.
Da quella prospettiva del tutto nuova per lei, gli stati d'animo che non conosceva e che l'avevano fatta traballare sono diventati punti di forza, smussando gli angoli della "donna di ferro" che credeva di essere.
Come accade ogni volta durante le coaching individuali, mi porto a casa un promemoria importante:
Possiamo parlare di «noi» solo quando non perdiamo di vista noi stessi, e ci manteniamo sempre alla guida della nostra nave interiore.
Questo ci permette di integrarci con le differenze di chi occupa il nostro spazio in quel momento, senza contraddizioni né prevaricazioni.
Per concludere rimanendo in tema "marinaresco", riporto qui una riflessione dal libro Storie di Donne Selvagge di Clarissa Pinkola Estés:
Quando una nave è ormeggiata in porto, è al sicuro, non c'è dubbio. Ma ... non per questo vengono costruire le navi.
Se ti va di capirne un po' di più sulle relazioni